Is Animeddas: la Spiritualità in Sardegna


La Festa dei Morti in Sardegna: Un Ponte tra Due Mondi

La Sardegna, terra antica e misteriosa, conserva tradizioni ancestrali che celebrano il rapporto tra la vita e la morte. Tra queste, la festa dei morti, che si svolge tra il 31 ottobre e il 2 novembre, è particolarmente sentita. Questa celebrazione non è solo un momento per ricordare i defunti, ma anche un’occasione per rinnovare il legame spirituale con chi ci ha preceduto, un rituale che risale a tempi remoti e che in alcune zone dell’isola è noto come “Is Animeddas”, “Su Prugadoriu”, “Su mortu mortu” o, come accade in Gallura, “Li molti e molti”.

Is Animeddas: la Spiritualità in Sardegna

Un Viaggio tra i Mondi

In Sardegna, la concezione della morte è stata, fin dai tempi antichi, pervasa da un’aura di spiritualità profonda. Le anime dei defunti non si allontanano mai davvero dal mondo dei vivi. Come raccontato da Claudia Zedda nel suo blog, le Animas Bonas (anime buone) e le Animas Malas (anime cattive) non lasciano il mondo al momento del trapasso, ma continuano a vagare in una sorta di dimensione parallela, vicina e accessibile, soprattutto in determinati momenti dell’anno.

Il periodo tra fine ottobre e inizio novembre è particolarmente significativo: si ritiene che durante queste giornate il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti si assottigli. I bambini, protagonisti della questua, vanno di casa in casa chiedendo doni e pregando per le anime del purgatorio, unendo il ricordo dei defunti con gesti di speranza e di continuità. Questa tradizione ha eco in tutta l’isola, ma con nomi differenti: Is Animeddas nel sud, Su Prugadoriu nel Nuorese, e Li molti e molti in Gallura.

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Le Tradizioni e i Riti della Notte dei Morti

Nel cuore delle celebrazioni sarde, ci sono gesti e simboli che affondano le radici nella storia più antica dell’isola. I bambini, con il loro rituale della questua, ricordano le anime dei defunti e chiedono dolci e frutti come pabassinas, mandorle e fichi secchi, simboli di abbondanza e di legame tra mondo terreno e spirituale. Come si legge su Sardegna Turismo, la festa è intrisa di credenze antiche, legate alle janas, figure mitiche che abitano le Domus de Janas, tombe preistoriche che risalgono a millenni fa, luoghi dove si crede che le anime continuino a risiedere.

In alcune zone della Sardegna, soprattutto in Barbagia, si utilizzano ancora le zucche arancioni, che simboleggiano i crani umani. Questo rimanda a un antico rito propiziatorio per la pioggia, in cui i crani dei defunti venivano esposti per invocare l’intervento degli spiriti. Come riportato da un anziano di Ghilarza, il rito del dio pagano Maimone, legato alla pioggia, vedeva in passato la zucca come simbolo di un simulacro sacro che veniva portato in giro per i villaggi.

Queste celebrazioni, legate alle forze della natura e alla spiritualità, ci riportano indietro di millenni, a una Sardegna nuragica che, proprio come gli antichi druidi celtici durante il Samhain, onorava il ciclo della vita e della morte, cercando di mantenere saldo il legame con gli spiriti ancestrali.

Is Animeddas: la Spiritualità in Sardegna

La Morte come un Passaggio: Visioni Universali

Il culto dei morti in Sardegna, con il suo rispetto e timore per le Animas Bonas e Animas Malas, riecheggia altre tradizioni spirituali che vedono la morte come un passaggio e non una fine definitiva. Nel Purgatorio di Dante Alighieri, per esempio, la morte è il preludio a un processo di purificazione e crescita spirituale. Le anime del purgatorio, simili a quelle del culto sardo, non sono separate dai vivi, ma continuano a interagire con il mondo terreno attraverso la preghiera e il pentimento.

Allo stesso modo, nella Bhagavad Gita, uno dei testi fondamentali dell’induismo, si afferma che l’anima è eterna e che la morte rappresenta solo un cambiamento di stato. La vita è vista come un ciclo continuo di nascita, morte e rinascita (samsara), da cui l’anima si libera solo quando raggiunge la consapevolezza spirituale e l’unione con il divino. Questo ciclo di vita e morte ricorda profondamente la concezione sarda, dove le anime dei defunti continuano a vivere in una sorta di esistenza parallela.

Is Animeddas: la Spiritualità in Sardegna

Il Valore Spirituale della Festa dei Morti

Nel corso del tempo, la festa dei morti in Sardegna ha conservato il suo carattere spirituale, continuando a essere celebrata con rispetto e devozione. Non è una festa che guarda solo indietro, verso il passato e i defunti, ma un’occasione per riflettere sul senso della vita, sulla sua transitorietà e sull’inevitabile passaggio alla dimensione spirituale. Questo passaggio non viene vissuto come una fine, ma come una trasformazione, una porta che si apre verso un’altra realtà, in cui l’anima continua il suo percorso.

Le donne, tradizionalmente custodi dei segreti della morte, giocano un ruolo importante in queste celebrazioni. Sono loro che, attraverso rituali antichi, mantengono vivo il legame con i defunti, tramandando conoscenze segrete alle nuove generazioni. Come una ragnatela invisibile, il confine tra i vivi e i morti si fa sempre più sottile, e la Sardegna, terra di misteri e di magia, continua a celebrare quel sottile equilibrio tra i due mondi.


Un Rituale che Ci invita a Riflettere

La festa dei morti in Sardegna è un rituale che ci invita a riflettere sul legame indissolubile tra il mondo dei vivi e quello dei morti. È una celebrazione della continuità della vita, in cui le anime dei defunti non scompaiono, ma rimangono accanto a noi, in una dimensione invisibile ma tangibile. Attraverso preghiere, gesti simbolici e dolci rituali, la Sardegna rinnova ogni anno il suo legame con l’antico, in un ciclo che abbraccia la vita e la morte, l’oscurità e la luce.


Una Ragnatela Leggera e delicata

Nella tradizione sarda, come in molte altre culture, si crede che durante certi momenti dell’anno, come la festa dei morti, questo confine diventi più permeabile, permettendo agli spiriti di interagire con i vivi. La ragnatela è simbolo di qualcosa di leggero, delicato e trasparente, che, sebbene normalmente impalpabile, può essere attraversato o toccato in determinate circostanze.

Il velo, allo stesso modo, è un simbolo di separazione tra ciò che è visibile e ciò che è nascosto o invisibile. In molte culture, il velo è usato per segnare un passaggio, un rito, una soglia tra due stati: vita e morte, mondano e divino. Nel contesto della festa dei morti, possiamo vedere il velo come una barriera tra il mondo dei vivi e quello dei defunti, che si assottiglia in questo periodo dell’anno, permettendo un contatto con l’aldilà.

Il Velo come Soglia Spiritualizzata

Nel Purgatorio di Dante, il viaggio dell’anima è un attraversamento di soglie, e ogni passaggio è segnato da una maggiore comprensione spirituale. Il velo può rappresentare quella consapevolezza limitata che l’anima deve superare per giungere alla purezza e all’unione con Dio. Allo stesso modo, nella Bhagavad Gita, il concetto di Maya, l’illusione che copre la vera natura dell’universo, è simile a un velo che l’anima deve sollevare per raggiungere la verità spirituale.

Il Velo e la Ragnatela nella Festa dei Morti

In Sardegna, il confine tra i due mondi è visto come una ragnatela bucata, delicata e fragile, che può essere attraversata dai defunti per un breve periodo. Il velo, simbolo universale del passaggio tra mondi, rappresenta questo spazio liminale: una soglia che separa la vita dalla morte, il terreno dal soprannaturale, ma che in momenti particolari, come la festa dei morti, si assottiglia e permette un’interazione più immediata con l’invisibile.

Il velo, come la ragnatela, diventa quindi il simbolo di una barriera sottile che possiamo attraversare spiritualmente attraverso i riti, le tradizioni e la memoria dei defunti. In questo modo, non solo ricordiamo i nostri cari, ma entriamo in contatto con una dimensione più profonda e spirituale della vita, dove il confine tra mondo terreno e mondo ultraterreno si fa sfumato.

Il Mistero delle Anime Buone

Tanto tempo fa, nel cuore della Sardegna, vivevano due mondi molto vicini: quello dei vivi e quello delle anime. Ogni anno, durante la notte di Is Animeddas, le anime buone scendevano dai monti per far visita alle famiglie. Si diceva che solo i bambini con un cuore gentile potevano vederle!

Un bimbo, chiamato Jona, un giorno sentì sussurri nel vento: “Jona, Jona, siamo qui!” Seguì quei suoni e trovò un gruppo di lucine che danzavano attorno a una zucca illuminata. Erano le Animas Bonas! Felici del suo coraggio, le anime regalarono a Jona dolcetti di fichi e mandorle, che brillavano di luce. Gli spiegarono che ogni anno tornavano per proteggere le persone e portare fortuna, ma in cambio, chiedevano di essere ricordate con amore.

Da quel giorno, Jona e i suoi amici andarono ogni anno porta a porta, raccogliendo dolci per le anime e raccontando la loro storia, per non dimenticare mai la magia di Is Animeddas.

JonaJourney

FONTI:


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